Nuova oligarchia tecnologica e destino della democrazia. Dialogo con Franco Bernabè
a cura di Marco Vergeat
L’intervista è stata realizzata in occasione del XIV Leadership Learning, tenutosi il 5 marzo 2025 a Milano. L’idea di questo approfondimento è nata da una conversazione con Marco Vergeat, Presidente di ASFOR, durante la prima sessione dell’evento, dedicata agli scenari geopolitici e all’avvenire delle democrazie
In un contesto segnato da profondi mutamenti geopolitici, sociali, tecnologici e culturali, il XIV Leadership Learning Lab promosso da ASFOR – in collaborazione con ISVI e con il patrocinio delle Alte Scuole dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – ha proposto una riflessione sul senso profondo della leadership contemporanea. “L’intelligenza oltre la superficie. Riscoprire il pensiero e la speranza” è il titolo scelto per l’edizione 2025, che si è tenuta il 5 marzo a Milano.
Nel corso della prima sessione, dedicata agli scenari geopolitici e all’avvenire delle democrazie, ho avuto il piacere di dialogare con Franco Bernabè, economista, imprenditore, nonché Presidente dell’Università degli Studi di Trento. Noto a tutti anche per i suoi prestigiosi incarichi ai vertici di Eni, di Telecom Italia, Nexi e per tanto altro ancora. Ne è nato un contributo lucido e appassionato, che ha intrecciato geopolitica, storia, tecnologia, filosofia e critica culturale.
Il pensiero di Franco Bernabè – sempre originale, profondo e fuori dagli schemi – trova piena espressione anche in tre suoi saggi recenti, che mi sento di consigliare vivamente. Profeti, oligarchi e spie (2023) ricostruisce la storia che intreccia tecnologia, economia e politica. In trappola (2024), invece, è un libro che si legge con la scorrevolezza di un romanzo, ma che racconta con rigore l’evoluzione che ci ha condotti all’attuale scenario globale. Infine, A conti fatti propone una lettura profonda e articolata della storia italiana recente, offrendo spunti preziosi per comprenderla.
Mi pare che i fenomeni a cui stiamo assistendo vadano oltre la più fervida immaginazione, quali sono le cause?
Nei miei libri più recenti ho approfondito i rapporti tra lo sviluppo della tecnologia, l’economia e la politica. Si tratta di elementi importanti per comprendere l’origine delle dinamiche che hanno portato alla situazione contemporanea. Lo scenario attuale, con il quale ci troviamo a confrontarci, è uno scenario del tutto inaspettato. Chi mai si sarebbe immaginato qualche anno fa che noi avremmo parlato oggi di dissoluzione della NATO? Oppure, chi mai avrebbe immaginato che il Presidente degli Stati Uniti e Putin si sarebbero avvicinati sul destino dell’Ucraina? Si sono create situazioni che sembrerebbero irrazionali, che, francamente, nessuno di noi avrebbe mai immaginato e, onestamente, non avrebbe mai desiderato immaginare. Proveniamo da una situazione dove lo sviluppo della tecnologia, lo sviluppo dell’informazione, la diffusione della conoscenza sembravano avere tolto l’uomo dal mondo delle tenebre: chi si sarebbe immaginato che oggi avremmo vissuto in un mondo così irrazionale? Io credo che non si tratti di un caso, ma che ci sia una profonda ragione storica per la quale siamo giunti ad un punto in cui è a rischio la stessa democrazia.
Quello a cui assistiamo non sembra essere frutto del caso, una “degenerazione” nata da una concomitanza di fattori che si sono verificati casualmente. C’è un disegno consapevole dietro tutto ciò?
Se andiamo a vedere quello che sta succedendo negli Stati Uniti, ci troviamo di fronte uno scenario veramente incredibile. In numerosi casi, a ricoprire posizioni importanti negli USA sono personaggi improbabili: è una cosa che non ha spiegazioni e per la quale è difficile capire che cosa sia successo. Per chi negli ultimi settant’anni ha vissuto in un mondo in progressiva crescita, dove il livello di istruzione si diffondeva e la qualità dell’informazione delle persone era sempre più alta, quelle che stanno avvenendo sono cose totalmente inaspettate. Se si decide di andare in profondità nella storia di questi anni, si può trovare un filo logico in tutto quello che sta avvenendo, un filo sorprendente e inquietante. Perché gli accadimenti degli ultimi anni non sono l’effetto del caso, non sono l’effetto di un depauperamento dell’intelligenza umana, un depauperamento della capacità di apprendimento, un declino dell’Università. C’è un disegno perverso, un disegno che mette a rischio anche gli assetti democratici dell’Occidente, così come noi siamo stati abituati a concepirli e a sperimentarli dopo la guerra.
Siamo in presenza di una concentrazione di ricchezza e di tecnologia che non ha precedenti nella storia. Una vera e propria plutocrazia. Che influenza ha, e potrà avere, tutto ciò sulla politica e sul futuro della democrazia?
Che cosa è avvenuto? Secondo me si tratta di processi legati in parte al mondo della tecnologia e in parte al modo in cui il mondo della tecnologia si è evoluto. Uno degli elementi da tenere sicuramente presente è il sistema di norme che ha consentito degli accumuli di ricchezza che non hanno confronti. Negli ultimi 25 anni, le decisioni politiche e le decisioni giudiziarie hanno portato a una incredibile concentrazione di ricchezza, con un aumento dell’iniquità nella distribuzione del reddito e del livello di corruzione politica. Non mi risulta che esistano precedenti nella storia del capitalismo. La concentrazione di ricchezza che osserviamo nelle mani di alcuni tecnologi, di alcuni esponenti di questa classe tecnologica – che io in uno dei miei libri ho chiamato “oligarchi” – ha determinato un completo rovesciamento delle priorità. Quando una persona è più che ricca, è più che benestante, e ha a disposizione patrimoni di miliardi di euro cerca il potere politico. E lo cerca in modo da esercitare non solo influenza mediatica, ma anche influenza politica, che poi, nel caso degli Stati Uniti, diventa un’influenza politica planetaria. Che cosa è successo negli ultimi 25 anni? Il mondo Internet è sempre stato un mondo fuori dalle norme. Ricorderete il grande Manifesto di Internet, scritto nel 1996 da John Perry Barlow – paroliere del gruppo rock dei Grateful Dead, ma anche grande tecnologo e grande comunicatore di tecnologia – in cui si affermava che i giganti di acciaio non contavano più niente e che quello che contava veramente era Internet e la libertà che il mondo di Internet concede. Si tratta di un mondo anarchico, e bisogna riconoscere che questa anarchia è stata anche molto produttiva in termini tecnici e scientifici; il metodo della Internet Engineering Society è stato un metodo straordinario dal punto di vista lavorativo, perché si basa sulla discussione e la condivisione libera, a differenza del metodo degli ingegneri delle telecomunicazioni, che è molto più gerarchico, rigido e autoritario e assomiglia molto più all’insegnamento frontale. Questa mentalità anarchica però ha portato alla fine del Novecento alla grande bolla di Internet, il Bubble Burst del 1999. Quando i titoli di Internet fallirono, all’inizio degli anni 2000 un gruppo di persone capì che quel modello anarchico non poteva andare avanti e che c’era bisogno di un modello di business molto più serio, basato sull’idea che Internet fosse sviluppato attraverso la pubblicità: diffondendo il messaggio, razionalizzando il target pubblicitario, acquisendo un vantaggio rispetto alla pubblicità generalista che veniva fatta alla televisione. Per massimizzare la diffusione del messaggio, occorreva individuare il target, far sì che questo target diventasse parte di un gruppo e poi che questo gruppo si espandesse. Quindi vennero sviluppati molti algoritmi che provocavano – e che provocano tuttora – un aumento della dipendenza dalla tecnologia. In quel periodo c’erano alcuni personaggi che hanno sviluppato PayPal all’inizio degli anni 2000 e si sono autodefiniti “Paypal mafia”. I leader erano Peter Thiel, Musk, Sax, Hoffman, un gruppo di persone che poi hanno avuto e continuano ad avere un ruolo importantissimo nell’ambito della tecnologia di oggi. Ma un personaggio spicca su tutti quanti, ed è Peter Thiel; mentre Musk è conosciutissimo, Peter Thiel è molto meno noto ma, secondo me, ha un ruolo fondamentale nello sviluppo di tutto ciò che sta avvenendo oggi.
Peter Thiel è uno dei personaggi che ha contribuito a plasmare la Silicon Valley, sostenitore di Trump, critico della democrazia, fautore di una visione tecnocratica del potere. Come mai è importante oggi confrontarsi con profili come il suo?
Peter Thiel non nasce come un tecnologo, studia filosofia a Stanford e si laurea con René Girard, filosofo, critico letterario molto importante. Girard ha sviluppato un concetto che, in termini volgari, si può definire comportamento imitativo, lui lo chiama “desiderio mimetico”. È l’idea che gli uomini si comportino in modo omogeneo: l’uomo identifica un modello, cerca di imitarlo, cerca di fare le cose che quel modello indica. Questo concetto viene ripreso da Peter Thiel e portato alle estreme conseguenze, con l’idea che il tecnologo, che vede più avanti degli altri, emerge dalla folla e in qualche modo sfrutta questi comportamenti imitativi per fare il suo business. Facebook è nato così. Tutte queste storie dei ragazzini nerd che iniziano nei garage sono in realtà la conseguenza di una riflessione profonda fatta da gente che ha studiato nel dettaglio il comportamento dell’uomo. Così nasce Facebook e Peter Thiel accumula una ricchezza notevolissima, credo che abbia parecchi miliardi di dollari di ricchezza personale.
Thiel a un certo momento decide che il suo problema non è più quello di accumulare soldi; incontra JD Vance che capisce il potenziale delle sue idee, anche per le conseguenze economiche e monetarie che continuano a registrare. JD Vance comincia a lavorare per Thiel, istituisce un fondo di private equity con cui lo finanzia, dopodiché sviluppa il suo business e si arricchisce a sua volta. Alla fine, JD Vance decide che vuole fare la carriera politica e si presenta alle elezioni. Nel frattempo, Peter Thiel matura l’idea che deve in qualche modo accogliere la sua vocazione politica e finanzia Trump nella prima campagna elettorale. Dopodiché, dopo i primi mesi della prima amministrazione Trump, si ritira e torna a fare l’investitore privato. In quel periodo abbiamo una campagna elettorale nella quale lo slogan di Trump “Make America Great Again” sembra non avere rivali. Si tratta dello slogan che è destinato veramente a sfondare e, a quel punto, Peter Thiel torna a finanziare la campagna elettorale di Trump, però gli chiede di prendere JD Vance come Vicepresidente.
E qui riporto un episodio relativo a Peter Thiel, che è interessante per spiegare la sua psicologia. Quando è appena laureato, viene fermato da una pattuglia mentre sta viaggiando in macchina a 100 miglia all’ora. Il poliziotto lo ferma, gli contesta l’alta velocità e lui risponde: “Lei è sicuro che mi può contestare? Lei sta limitando la mia libertà. Io ho diritto di andare alla velocità che voglio, perché questo mi consente la Costituzione americana”. Il poliziotto, che probabilmente era di buon umore, lo lascia andare senza arrestarlo, e gli fa una reprimenda. Questo dà il senso delle cose: Peter Thiel vuole lo smantellamento dello Stato, per questo le persone che ho nominato prima non sono personaggi in cerca di autore capitati lì per caso, ma sono il risultato di un disegno esplicito di distruzione dello Stato americano. Leggendo il libro di Thiel queste cose si capiscono.
E a questo punto viene naturale chiedersi: come fa a rispondere a un obiettivo politico di smantellamento dello Stato americano uno che di fatto vive di quello che l’America gli ha dato?
E qui emerge un altro aspetto impressionante della filosofia di questi personaggi, cioè il futurismo, la ricerca dell’immortalità, l’idea di andare su Marte. I personaggi che hanno in mano in questo momento gli Stati Uniti hanno un disegno politico estremo e radicale, che è un disegno politico di smantellamento dello Stato e della democrazia così come la conosciamo.
Peter Thiel scrive in un famoso saggio del 2009 che ”libertà e democrazia non sono compatibili”. Quindi noi ci possiamo aspettare ancora molto di più e ancora molto di peggio.
Occorre tener conto che della PayPal Mafia fa parte un gruppo di sudafricani che sono andati negli Stati Uniti: Musk, Sax, eccetera. Tutte persone che hanno nel DNA una concezione autoritaria dello Stato: quello che alcuni di loro dicono sull’apartheid fa veramente impressione. Qui c’è una battaglia profonda da portare avanti, ma non è una battaglia semplice, non è una battaglia che possiamo essere sicuri di vincere con i migliori giornalisti o con i professori universitari, questa è una battaglia di civiltà profonda che è destinata a incidere radicalmente sul nostro futuro.
Il problema è che nessuno se n’è ancora accorto.
Se si mettono in fila tutti i pezzi, emerge un quadro assolutamente preoccupante e non si può aspettare che succeda qualcosa o che la situazione diventi insostenibile.
Nel frattempo, quanti danni avranno fatto? Quanti guasti avranno prodotto all’Occidente?
Questa spiegazione lega l’oligarchia tecnologica con i rischi che la democrazia corre. Per molti di loro, e lo hanno dichiarato in più occasioni, la democrazia è incompatibile con la velocità della tecnologia. Fino a ieri guardavamo a Silicon Valley e ai big della tecnologia come a degli emblemi di democrazia, libertà, come dei modelli di come agire per evitare di essere autoritari, e oggi li ritroviamo come sostenitori di derive autoritarie.
Quali sono i passaggi storici e politici che hanno portato a questa situazione?
Il percorso che ha portato alla situazione di oggi parte da alcune scelte politiche fatte dall’amministrazione Clinton. Clinton ha fatto due cose che, secondo me, hanno condizionato in profondità il mondo di oggi. Prima di tutto ha firmato il Telecommunications Act del 1996, quello contro cui si scaglia Barlow nel suo manifesto per la libertà di Internet. All’interno del Telecommunications Act c’è la sezione 230 che di fatto crea un regime legale speciale: i gestori di piattaforme sono esenti da qualsiasi responsabilità civile e penale per quello che passa sulle piattaforme. Poco tempo dopo, il Congresso passa l’Internet Tax Exemption Act, cioè la libertà per chi opera sulle piattaforme di non pagare l’imposta locale, come se da noi chi opera nei sistemi di comunicazione fosse esente dall’IVA. La seconda cosa che Clinton fa è l’ammissione della Cina al WTO. Quando pronunciò il suo famoso discorso alla Paul H. Nitze School of Advanced International Studies (SAIS) della Johns Hopkins University a Washington in cui disse: “Bisogna aprire alla Cina, perché solo così esporteremo la democrazia”, fece una scelta che ha condizionato tutto il periodo successivo, cioè, ha consentito alla Cina di diventare quello che è oggi. E qui arriviamo alla radicale inversione di tendenza di Trump e all’imposizione di dazi che è destinata a condizionare in modo rilevante e duraturo il futuro delle nostre economie.
Franco Bernabè
Credits: Nanni Fontana | Università Cattolica
Franco Bernabè è Presidente dell’Università degli Studi di Trento, Presidente di Techvisory, start up che ha per missione la creazione, la produzione e la commercializzazione di soluzioni basate su algoritmi innovativi ad alto valore tecnologico ed è Presidente di DRI d’Italia, società che ha la missione di contribuire, con impianti innovativi, alla decarbonizzazione dell’industria siderurgica italiana.
Nel 1983 è entrato in ENI, la compagnia petrolifera statale italiana dove è diventato Amministratore Delegato nel 1992. Nel corso dei suoi due mandati all’ENI, ha guidato la profonda trasformazione dell’azienda che nel 1995 è stata quotata alla Borsa di New York.
È stato al vertice di importanti aziende italiane e internazionali tra cui TelecomItalia e Nexi.
Fino a gennaio 2021 è stato Presidente di Cellnex, il principale operatore di infrastrutture per telecomunicazioni wireless e per la radiodiffusione in Europa.
È stato Vice Presidente di Rothschild Europa, membro del Consiglio d’Amministrazione e Presidente della Commissione di Audit di PetroChina per 14 anni, membro del Consiglio di Supervisione di TPG Post Group nei Paesi Bassi e del Consiglio Internazionale di JP Morgan.
È stato anche membro della Tavola Rotonda Europea degli Industriali e del Comitato Esecutivo di Confindustria.
Attualmente è Presidente onorario della Fondazione La Quadriennale di Roma e Presidente onorario della Commissione Nazionale Italiana dell’UNESCO. È Senior Advisor di Alix Partners.
Nel 2011 è stato nominato Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica.
Ha scritto numerosi libri di economia e geopolitica fra i quali: In trappola. Ascesa e caduta delle democrazie occidentali (e come possiamo evitare la Terza guerra mondiale), Solferino 2024, Profeti, oligarchi e spie: Democrazia e società nell’era del capitalismo digitale, Feltrinelli 2023, A conti fatti. Quarant’anni di capitalismo italiano, Feltrinelli 2020.