Nuovi orientamenti per la formazione dei manager: una ricerca Apaform-Federmanagement

Nuovi orientamenti per la formazione dei manager: una ricerca Apaform-Federmanagement

Nuovi orientamenti per la formazione dei manager

Pubblicata su Harvard Business Review la ricerca promossa da APAFORM con Federmanagement per far emergere le sfide competitive del top management e le caratteristiche della leadership in un contesto di forte evoluzione tecnologica, identificando le radeguate risposte formative

di Elio Borgonovi, Filippo Abramo, Mauro Meda

 

È un’immagine di manager sull’orlo di una crisi di nervi, sottoposti a molteplici stress dovuti alle incertezze del quadro esterno e alle pressioni competitive e legate alle richieste di performance, quella che emerge da una ricerca condotta da APAFORM Associazione Professionale ASFOR dei Formatori di Management e Federmanagement che ha coinvolto 23 donne e 17 uomini con posizioni di top management in imprese di vari settori e in amministrazioni pubbliche. Una fotografia della leadership di un mondo del business nel quale si accentua la rilevanza di definire un solido set di valori in stretta correlazione con l’evoluzione della società e in sintonia con gli obiettivi di tutti gli stakeholder di riferimento.

Le risposte degli intervistati considerano ormai sottili i confini che separano le organizzazioni dal resto della società, mettendo in evidenza come esista un’influenza reciproca tra aziende e contesto sociale, al quale è ormai del tutto sottinteso che occorra dare un contributo in accordo con i lavoratori, ma anche con i clienti. Preoccupa, però, la crescente polarizzazione presente nella società e nell’economia, in un contesto nel quale anche il fattore tecnologico assume crescente rilievo. Infatti, molti citano le possibili criticità che circondano il tema della narrazione, dove le storie positive e costruttive devono sempre più fare i conti con fake news e narrazioni distorte che possono incidere sul quadro competitivo.

Non particolarmente rilevante, invece, il tema della diversity, così presente invece in un contesto come quello statunitense e di altri Paesi. Le differenze sono certamente un tema da tenere ben presente e sul quale operare con attenzione, ma in merito le aziende operano con crescente consapevolezza e apprezzabili risultati.

Qualche inquietudine, infine, solleva il tema del calo demografico che ha già, e sempre più avrà, un impatto rilevante sulle politiche del personale, con conseguenti difficoltà nella attraction e retention dei dipendenti, ponendo l’esigenza di un’attenzione esplicita sull’esigenza di investire adeguatamente nelle politiche del personale.

 

Rapporti con l’ambiente esterno

Un primo gruppo di domande ha riguardato le relazioni con l’ambiente esterno e la partecipazione dei manager alla definizione degli obiettivi. Le risposte evidenziano un’evoluzione rispetto al passato, la bidirezionalità nei confronti del contesto politico e sociale e la restituzione nei confronti del territorio. Le opinioni prevalenti mettono in evidenza l’esistenza di un impatto con l’esterno più strutturato rispetto al passato, dove l’impresa e le amministrazioni pubbliche influenzano e sono influenzate a livello politico e dai valori sociali, l’impresa prende dal territorio e restituisce al territorio, sia pure con qualche sfumatura che riguarda, per esempio, le differenze tra piccole e grandi imprese e i rapporti tra organi politici e manager nelle amministrazioni pubbliche.

La ricerca ha poi inteso indagare il tema della neutralità dei manager rispetto agli obiettivi ed è qui emerso chiaramente come la grande maggioranza considera superato il principio di neutralità, ritenendo che i manager contribuiscono, e debbano contribuire, con i propri valori a definire gli obiettivi insieme agli altri stakeholder e per la società. È, peraltro, emersa l’opinione che i valori dei manager non sempre coincidono con i valori aziendali e che non sempre il manager ha influenza sulla definizione degli obiettivi. Inoltre, alcune risposte sottolineano che, nell’esperienza concreta, i manager contribuiscono alla definizione degli obiettivi, ma non sembra per nulla certo che questo si verifichi nella maggioranza delle imprese. 

Vi è, comunque, l’opinione diffusa che operi una bidirezionalità secondo cui i manager influenzano e sono influenzati dai valori aziendali e in cui il manager pubblico è chiamato a mediare tra le esigenze della politica e quelle del territorio. In effetti, il tema dei confini sia per l’impresa sia per le amministrazioni pubbliche è stato affrontato in una duplice prospettiva, con riferimento ai confini esterni e con riferimento all’organizzazione interna.

Poco meno della metà dei rispondenti condivide che i confini aziendali sono sfumati e circa un quarto mette in evidenza la bidirezionalità delle relazioni. Il primo gruppo di risposte è motivato dal riconoscimento che evidenzia che sono sempre più numerose le forme di collaborazione più o meno strutturate e formalizzate, anche tra imprese che per certi prodotti e servizi sono concorrenti mentre per altri operano congiuntamente.

In molti casi si è posta l’attenzione sui confini “interni” a livello organizzativo, mettendo in rilievo come i ruoli in azienda sono ormai sempre più sfumati. In particolare, nelle amministrazioni pubbliche per risolvere i problemi è importante andare oltre le competenze formali e promuovere un’organizzazione per processi, mentre molti ritengono che in realtà i confini restino tuttora delineati dal sistema delle competenze e la struttura sia ancora rigida.

Si è poi indagato l’effetto relativo alle pressioni alle quali è sottoposto il manager moderno, pressioni che si ritengono destinate ad aumentare nel futuro. Circa il 70% delle risposte dei top manager rileva la condizione di stress dei dirigenti con una equa distribuzione tra coloro che la riferiscono a complessità, incertezza e relazioni organizzative deboli e coloro che la riferiscono alle forti pressioni di performance nelle posizioni più elevate e quando vi sono capi incapaci. Una parte delle risposte si concentra sulla condizione dei giovani, spesso a disagio in un contesto lavorativo scarsamente motivante, specie quando si è in contesti dove prevale il ruolo negativo dei superiori diretti che può arrivare a indurre l’abbandono per incompetenza del manager.

Da qui l’importanza attribuita a una dimensione proattiva del ruolo del manager, che deve essere in grado di sostenere le proprie risorse, aiutandole a costruirsi una carriera e deve agire come leader introducendo interventi proattivi che mettano i collaboratori in grado di crescere in base alle proprie potenzialità.

 

I rapporti con la tecnologia

La ricerca ha poi esplorato il contenuto della funzione manageriale e il rapporto con la tecnologia e va qui sottolineato come sia stata praticamente plebiscitaria la reazione secondo cui ormai viene dato per scontato che nel prossimo futuro le professioni (quindi anche quella di manager) dovranno diventare ibride. I manager devono avere competenze crescentemente trasversali: in alcuni casi si sottolinea che le competenze specialistiche sono un prerequisito per la carriera manageriale, in altri che si possano acquisire dall’esterno, specie nei casi in cui possano essere sostituite da tecnologie (in particolare sistemi esperti e intelligenze artificiali). Sono cambiamenti di forte intensità che richiedono la capacità di superare le possibili resistenze, soprattutto nelle PMI.

Con riferimento all’evoluzione delle tecnologie, specifiche dei vari settori e in generale dell’IA, prevale un orientamento positivo: circa la metà dei manager si qualifica come “tecno fan”, seppure con varie sfumature, mentre è solo una minoranza ad autodefinirsi come “tecno tiepido”. Interessanti sono le caratterizzazioni che si collocano tra i due poli, con una gamma che include il tecno fan non avventato, il tecno promoter attento, il tecno realista/tecno consapevole, il tecno curioso e sperimentatore e il tecno smart.

Nei processi da presidiare nell’adozione delle tecnologie, emergono l’importanza di scegliere adeguatamente le persone cui tocca il compito di introdurre, utilizzare e governare le tecnologie stesse, compresa l’IA come strumento a supporto alle decisioni. L’innovazione tecnologica fa parte ormai della normalità e va considerata non come minaccia, ma come un’opportunità che va colta anche con adeguate iniziative di formazione.

 

 

 

I contenuti della funzione manageriale

Un obiettivo di rilievo della ricerca è stato di individuare quali caratteristiche i manager considerino oggi prioritarie: un’autorità legata al ruolo formale, un’autorevolezza correlata alle conoscenze, una leadership intesa come capacità di dare una visione e motivare collaboratrici/collaboratori, la credibilità derivante dalla coerenza, l’etica come espressione di valori personali. In generale, è emersa una certa difficoltà nel dare la risposta in quanto tutte le dimensioni sono state giudicate rilevanti, ma si sono comunque evidenziate posizioni interessanti. Per esempio, nessuno ha messo in rilievo l’autorità collegata al ruolo formale, mentre la metà ha considerato la leadership come componente prioritaria, specie quando collegata all’etica. Un quarto delle risposte considera la credibilità come caratteristica principale, mentre lo scarso riscontro relativo all’autorevolezza è in genere motivato dal fatto che le conoscenze necessarie per l’esercizio della funzione manageriale sono considerate un elemento da valutare al momento della promozione a queste funzioni.

Si è anche voluto indagare un aspetto classico, anche se mai definitivamente risolto, della natura della professione manageriale, ossia il rapporto tra le componenti di scienza (razionalità), arte (creatività, intuito) e tecnica (conoscenze consolidate con esperienze). Le risposte in merito non hanno fatto emergere un’attribuzione particolare di pesi a queste tre componenti, anche se è interessante sottolineare come oltre la metà abbia attribuito un peso superiore all’arte intesa come creatività, intuito, pensiero laterale, seguita dalla scienza, laddove la tecnica, intesa come il risultato di conoscenze consolidate con l’esperienza, è considerata preminente solo da una minoranza. Coloro che hanno considerato più rilevante il peso dell’arte hanno in genere motivato la loro risposta sottolineando che le tecnologie possono in parte sostituire la componente di razionalità e di tecnica.

I rischi della polarizzazione

Un’area molto rilevante e attuale della ricerca ha riguardato la percezione dei top manager dei rischi derivanti dalla polarizzazione come problema politico, sociale ma, sia pure in misura minore, anche economico. Non può stupire che la stragrande maggioranza riconosca come questo sia un fenomeno reale di cui tenere conto, mentre solo una minoranza tende a non considerarlo tale. Tra coloro lo ritengono un problema dei nostri giorni prevale l’opinione che si tratti di un fenomeno soprattutto in campo politico e sociale, con minori effetti in campo economico. Un quarto dei rispondenti sottolinea i rischi connessi alla polarizzazione nella triplice dimensione: ha reso più difficile la funzione manageriale, è un rischio per chi ha business model tradizionali e produce effetti negativi sul piano sociale. Gli effetti positivi sono in genere ricondotti alla possibilità per le organizzazioni pubbliche e private di definire in modo chiaro il proprio posizionamento rispetto ai fenomeni sociali ed economici.

La maggioranza dei manager interpellati condivide l’esistenza di sfide che nascono in una società eterogenea e caratterizzata dalle multi-diversità. Tuttavia sembra ormai acquisita una soddisfacente capacità di imprese e amministrazioni pubbliche di gestire le differenze. Facendo riferimento alla propria realtà, il 20% dei rispondenti indica esplicitamente che non sono presenti diversità rilevanti o che addirittura il problema non esiste, mentre per una quota minoritaria le differenze costituiscono un problema rilevante.

Tra coloro che indicano specifiche differenze, circa un quarto sottolinea che la gestione delle differenze di genere è un problema per molte imprese, soprattutto medio-piccole e in alcuni settori tradizionalmente con prevalenza maschile, come per esempio la metalmeccanica o la finanza. Si citano, poi le differenze generazionali, in alcuni casi collegate a una differente concezione del lavoro; culturali, a volte collegate al tema delle generazioni e altre volte alla diversa provenienza; inclusione delle persone con disabilità, religiose, persone LGBTIQ+, immigrati.

La società della narrazione

Nel considerare la collocazione delle imprese nella realtà contemporanea è emersa con evidenza la constatazione che da tempo siamo entrati nella “società della narrazione. In quest’ambito, sono risultate quasi equivalenti le valutazioni che considerano gli effetti negativi e positivi della narrazione, con opinioni che si suddividono tra coloro che evidenziano le fake news come fonte di competizione sleale, l’effetto boomerang della narrazione di sola immagine o commerciale e l’esigenza di una buona narrazione con strumenti efficaci delle cose che si fanno bene. In quest’ambito, si sottolineano di frequente la carenza comunicativa di imprese e amministrazioni pubbliche, le difficoltà specifiche dei dirigenti con riguardo alla competenza trasversale di buona comunicazione, la buona narrazione come componente della governance e della strategia, la complessità di una buona comunicazione.

Le politiche del personale

La domanda conclusiva e di sintesi delle interviste ai top manager ha considerato le politiche del personale. In quest’ambito, quasi la metà concorda sul fatto che il calo demografico ha già, e sempre più avrà, un impatto rilevante sulle politiche del personale, con possibili difficoltà di attraction e retention. Si è poi posta attenzione esplicita sulla natura di investimento delle politiche del personale, che devono andare oltre la natura contabile della spesa corrente e che vanno orientate alla condivisione dei valori e al rafforzamento del senso di appartenenza. Crescono d’importanza le misure di welfare aziendale, benessere organizzativo ed equilibrio vita-lavoro, la formazione, il coinvolgimento del personale in progetti di miglioramento e di sviluppo organizzativo, le politiche di sviluppo di competenze trasversali, di rotazione e responsabilizzazione.

Conclusioni

Per i promotori della ricerca, i risultati presentano un quadro molto utile per il ripensamento e la progettazione delle iniziative formative. Le nuove tecnologie, in particolare i sistemi di IA, saranno sempre più in grado di “personalizzare” i percorsi formativi seguendo passo per passo il processo di apprendimento. Resterà alle istituzioni formative e ai singoli formatori lo spazio e la responsabilità di disegnare i programmi, tenendo conto dei temi considerati critici per manager in grado di affrontare le sfide che già ora sono presenti.

LA RICERCA 

Per individuare le caratteristiche dei manager in grado di promuovere la transizione verso una nuova economia, APAFORM Associazione Professionale ASFOR dei Formatori di Management e Federmanagement hanno realizzato una ricerca nel periodo marzo-maggio 2023. Essa è stata condotta con interviste strutturate della durata di circa 60 minuti sulla base di una traccia composta da 12 domande, ed ha coinvolto 23 donne e 17 uomini con posizioni di top management in imprese di vari settori e in amministrazioni pubbliche.

L’analisi delle risposte ha restituito un quadro di una funzione manageriale in evoluzione. Va sottolineato che il numero delle risposte presentato nelle tabelle può essere superiore o inferiore al numero delle/degli intervistate/i, in quanto in alcuni casi è stato evidenziato più di un concetto, mentre in altri casi le/gli intervistate/i hanno preferito non esprimere una posizione precisa.